Non lamentarti… è il tuo cervello che te lo chiede!

Questo articolo prende spunto da un articolo di Vanessa Valia del portale d’informazione TPI.

Hai presente quelle persone a cui va sempre tutto male anche quando va tutto bene?

Quelli che se piove e perché piove e se c’è il sole perché non piove, quelli che alla domanda “come va?” ti rispondono “potrebbe andare meglio”?
Ecco questa speciale categoria di individui è più notoriamente riconosciuta come quella dei lamentosi. Oggi la scienza si impegna a dare una spiegazione al loro non sempre sopportabile comportamento.
La spiegazione di questo strano fenomeno va rintracciata nella cosiddetta reingegnerizzazione, processo in funzione del quale il cervello riesce a reingegnerizzare, ovvero a cambiare struttura.

Lo psichiatra Norman Doidge sostiene che le persone riescono a rimettere in piedi il loro cervello per superare traumi prima di allora insuperabili.
Grazie all’apporto delle Neuroscienze e agli enormi passi avanti negli ultimi due decenni nel brain imaging oggi sappiamo che il cervello è in grado di fare questo.

Poiché tutto quello che riguarda il cervello ci riguarda e ci affascina vediamo come si comporta nel caso dei lamentosi.
Nel corso della vita di un individuo il cervello può cambiare in modo duraturo, questo fenomeno è chiamato neuroplasticità.

Uno dei più stimati e quotati neuroscienziati al mondo, Michael Merzenich, ha individuato e dimostrato una connessione tra i pensieri e i cambiamenti strutturali del cervello.
Quel che si evince dai suoi studi è che all’origine del peggioramento del cervello ci siano abitudini negative, mentre quelle positive ne migliorano le abilità.

Nell’articolo di TPI, che ci ha offerto lo spunto per questo approfondimento, sono riportate le parole dello scienziato Alex Korb, secondo il quale,la Neuroplasticità può essere utilizzata per introdurre una controtendenza nel corso della depressione: sfruttarla per invertire il corso della depressione:

Nella depressione, non c’è niente di fondamentalmente sbagliato nel cervello. È semplicemente che la particolare sintonizzazione dei circuiti neurali crea la tendenza verso un modello di depressione. Ha a che fare con il modo in cui il cervello affronta lo stress, la pianificazione, le abitudini, il processo decisionale e una dozzina di altre cose – l’interazione dinamica di tutti quei circuiti. E una volta che un modello inizia a formarsi, provoca dozzine di piccoli cambiamenti nel cervello che creano una spirale discendente “.

Partendo dalla depressione, che è sicuramente uno dei processi più complessi legati alle emozioni e ai pensieri negativi, possiamo estendere queste considerazioni alle emozioni di chi tende a non essere contento di quello che ha, di quello che vive e se ne lamenta. Questa tipologia di individuo spesso non è bene tollerata, e può essere all’origine di un allontanamento volontario di certo non piacevole. Non fa bene stare con chi si lamenta sempre, ma non è costruttivo giudicare o criticare perché di fatto il lamentarsi nasce da una tendenza al disagio che va compresa.
Lamentarsi peraltro è una prassi ricorrente e riguarda tutti, alcuni esagerano sì, ma non esiste persona al mondo che non abbia occasione di lamentarsi di qualcosa anche se il tempo preso in esame fosse di qualche ora. Le persone che si lamentano di solito possono essere raggruppati in tre categorie:

Chi si lamenta in modo frequente rientra in una delle tre seguenti categorie:

  1. Chi ha un QE basso, dove QE sta per quoziente emotivo.
  2. Chi fa della lamentela un vero e proprio stile di vita inserendo ogni dinamica nel mood negativo
  3. Chi utilizza la lamentela per attirare l’attenzione su di sé.

 

Sebbene non sia il peggiore dei mali resta il fatto che lamentarsi è un comportamento negativo e per sua natura e i pensieri negativi condizionano in tal senso i comportamenti. Non ultimi quelli che influiscono su quello che ci sta più a cuore: la memoria!
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