Oggi parliamo di credenze!
Non quelle delle cucina! Quelle che si inculcano nella nostra mente e non ci fanno andare avanti.
Dove eravamo rimasti?
Al tacchino!
Una giovane coppia una sera a cena, lei cucina il tacchino e i due consumano una buonissima cena.
A lui, finita la cena, sorge una curiosità: – Come mai hai cucinato il tacchino senza le ali? –
Lei: – il tacchino va cucinato senza ali! –
Io lo cucino con le ali – replica lui
come è possibile? Chiamo mia madre per saperne di più!
La giovane chiama sua madre, la quale conferma la versione del tacchino senza ali, ricetta che la famiglia tramandava da generazioni, ma la stessa mamma viene colta dal dubbio sulle ali del tacchino per la prima volta nella sua vita. Decide allora di chiamare la sua di madre, quest’ultima chiarisce le convinzioni di figlia e nipote:
Ricordi cara com’era piccola la casa in cui vivevamo? Com’era piccola la nostra cucina e com’era stretto il forno? Ebbene ero costretta a cucinare il tacchino senza le ali!
Svelato il mistero del tacchino, la donna ha trasmesso alle due generazioni successive l’abitudine di cucinare il tacchino senza ali perchè non aveva lo spazio nel forno!
Ecco cosa si intende per credenza: un qualcosa che, non solo condiziona il nostro modo di fare le cose, ma ci spinge a non cercare alternative né soluzioni nuove. La credenza può riguardare una nostra abilità, una caratteristica di una persona che conosciamo o il funzionamento generale di qualcosa. Un’esperienza negativa, capitata in un momento di particolare fragilità può essere all’origine della costruzione di una credenza.
Una credenza può essere: potenziante, depotenziante/limitante, autoaffermante.
Nel primo caso ci riferiamo ad una credenza che ci sostiene nel raggiungimento degli obiettivi ( esempio: ho un carattere forte ce la farò…); nel secondo caso il contrario, una credenza dunque che ci limita nel raggiungimento di un risultato seppur minimo ( esempio: io non so pattinare), nel terzo caso andiamo direttamente all’esempio.
Flavia da bambina amava disegnare. Non si era posta il problema che i suoi disegni potessero piacere o meno, lei si dedicava al disegno senza aspettative. La sua insegnante, che aveva notato questo interesse e la stimolava ad esercitare questa abilità. Il caso volle, però, che un giorno Flavia si dedicasse alla sua passione in casa, dopo aver finito i compiti, si mise a riprodurre un ritratto di Napoleone che era raffigurato su un libro. Probabilmente il disegno di Flavia non riproponeva una copia perfetta di Napoleone tanto che sua madre gettando un’occhiata titubante sul foglio disse: “tesoro mio, sei proprio negata per il disegno”.
Fine di un sogno. A partire da quel momento Flavia maturò la convinzione che il disegno fosse quanto di più lontano da sé perché ogni volta che afferrava la matita ascoltava nella sua mente la frase di sua madre, e le mamme, si sa, a quell’età costituiscono una referenza molto ingombrante. Per anni Flavia ha pensato di essere negata per il disegno, da grande, spinta dalla necessità di ristrutturare la sua casa, ha preso in mano la matita e senza neanche rendersene conto ha iniziato a disegnare la casa che voleva, proprio lì, su quel foglio, con le sue mani.
Tutti siamo esposti al pericolo delle credenze, il primo passo per affrontarle e superarle è, senza dubbio, quello di riconoscerle!
E come si riconoscono?
Ve lo diciamo al prossimo post!
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