Ho un vuoto di memoria! Gli scienziati continuano a cercare il colpevole…da Bonn la risposta: DRD2!

Parliamo di vuoto di memoria! Gli psicologi dell’università di Bonn pubblicando la loro ricerca sulla rivista Neuroscience Letters tentano di dare nuove spiegazioni ad uno dei fenomeni che più spesso accadono nelle frenetiche vite di ognuno di noi. Quei lapsus che a volte ci fanno mettere in discussione non solo la nostra capacità di concentrazione ma che spesso riteniamo sintomo di alto livello di stanchezza o stress: dove ho messo le chiavi di casa? Come si chiama la persona con cui sto parlando? Cosa devo comprare in questo negozio? Tutta colpa di un gene, asseriscono i ricercatori, tutta colpa di DRD2, il responsabile dei vuoti di memoria che prima o poi ci colpiscono.

Sebastian Markett, uno degli autori dello studio, descrive così il gene DRD2: “… un direttore che coordina il cervello come se fosse un’orchestra”, se il gene sbaglia le battute o più semplicemente va fuori tempo l’orchestra del cervello va in confusione perchè la trasmissione della dopamina ne risente. In precedenza altri studi avevano ipotizzato che questi momenti di vuoto, questi lapsus, fossero un fattore ereditario, quasi una questione che si tramanda di generazione in generazione con caratteristiche identificative a carattere “nazional popolare”. L’Università di Bonn ci dice molto di più: oltre ad essere DRD2 il direttore d’orchestra del nostro cervello il gene è presente in due varianti, C (citosina) e T (timina) a seconda della lettera del codice genetico presente in un punto della sequenza ed è proprio da queste varianti che dipende la nostra capacità o meno di memorizzare.

Lo studio ha sottoposto 500 uomini e donne ad alcuni test genetici e psicologici che servivano per comprendere e determinare la diffusione delle due varianti e i legami possibili tra queste e i vuoti di memoria o la capacità di rimanere concentrati più a lungo. I risultati dello studio sono stati inequivocabili: gli individui con il DRD2 con tipologia T (la maggior parte dei soggetti analizzati, circa 3/4) la memoria e la capacità di mantenere una soglia elevata di attenzione lasciano un po’ a desiderare lasciando spazio a vuoti e lacune. Al contrario coloro che presentavano la variante di tipo C sembravano mantenere una certa soglia di attenzione rimanendo “protetti” dai vuoti di memoria. “La conclusione è ovvia”, afferma Markett, “tali lapsus possono parzialmente essere attribuiti a questa variante genetica”.

“Ci sono molte cose che si possono fare per compensare la smemoratezza”, conclude Markett, “ad esempio si possono prendere appunti o ci si può sforzare a lasciare le chiavi sempre in uno stesso posto e non dove capita”. Esistono infatti delle strategie che servono proprio per mantenere una soglia elevata di concentrazione garantendo un altissimo livello di memorizzazione delle informazioni, semplici o complesse: che si tratti di ricordare dove sono le chiavi o una difficilissima formula chimica la soluzione è nelle tecniche di memorizzazione ed apprendimento efficace. Niente scuse dunque per una “smemoratezza” cronica o genetica, è possibile sfruttare al meglio il cervello anche quando un gene non è dalla nostra parte, basta solo volerlo!

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